Autopsicografia

Il poeta è un fingitore.
Finge così completamente
che arriva a fingere che è dolore
il dolore che davvero sente.
E quanti leggono ciò che scrive,
nel dolore letto sentono proprio
non i due che egli ha provato,
ma solo quello che essi non hanno.
E così sui binari in tondo
gira, illudendo la ragione,
questo trenino a molla
che si chiama cuore



F.Pessoa

ALBERI

ALBERI
il mio prato incantato

domenica 15 febbraio 2009

LUCI

Il giorno affonda nella notte.
L’arbusto allunga braccia nere, spoglie.
Il lampione acceso è inganno, fantasma
d’altre luci, d’ altre stelle.
Così è la vita.
Un cielo dipinto, malinconia soffusa e
morbida, briciole di sole.
E, lontano, il frastuono del silenzio.

martedì 11 novembre 2008

UNA MATTINA

Cammino dentro un tappeto di foglie rumorose, il cielo
è basso grigio indifferente uguale a se stesso.
Nessuna nuvola gentile.
Luce opaca sul sentiero scivoloso.
Macchie di colore sugli alberi, avanzi di bacche rosse.
Nell’anima tedio e meraviglia, voglia di costringere
le stagioni, di fermare il tempo in un posto tranquillo.
Di poter dormire sogni sognanti.
D’abbracciare un affetto improvviso.
Di ascoltare note trascinate.
D’indossare la veste usata della solitudine.




lunedì 20 ottobre 2008

DIVINAZIONI


Quelli che vanno alla prima messa del mattino la conoscono bene,
da tempo chiede l’elemosina accanto al portone del santuario.
Ha la bellezza selvaggia del suo popolo, gonna lunga a fiori e
orecchini immensi di perline.
Le chiedo se vuole venire a far colazione, il bar è vicino.
Mangia due brioches, beve la cioccolata densa e calda.
Parla, dei suoi figli, di suo marito.
Pronuncia i nomi con orgoglio, con un lampo di fierezza negli
occhi scuri.
Dice che nessuno di qui l’ha mai invitata al bar, che le danno
dieci, venti centesimi in fretta, senza guardare.
Mi prende la mano, segue le linee con il dito.
“Amore, fortuna per te, tutto scritto nel destino, vai incontro alla felicità.”
Sorrido, penso che è il suo mestiere, vendere illusioni.
Ringrazio, dico che a me basta vivere oggi, domani sarà tutto nuovo.
Mi abbraccia,”bella signora ciao” mormora.
La vedrò ancora, una di queste domeniche.
Lei è sempre lì, in attesa di qualche spicciolo, forse di un gesto, una parola.

domenica 14 settembre 2008

ROMEO

E’ nato il sole, è nato un bambino.
Un uomo in miniatura.
Guardi la perfezione del suo corpo,
mani, piedi unghie e dita.
E la sua fronte corrugata, le sue smorfie.
Credi di vedere l’ombra di un sorriso
Credi capisca le tue parole.
E’ un piccolo despota.
Vuole mangiare, e, con un filo di latte
traboccante dalle labbra, dormire
sul corpo della mamma.
Amore, calore, cibo.
Crescerà sin troppo in fretta.
E durante la vita, ricorderà la
gioia di quando bastava essere sazi
e coccolati. Forse.

sabato 26 luglio 2008



Giorni di vacanza, riposo, sole, mare affollato
e sabbia dorata.
Ore lunghe da passare, s’inventano nuovi ozii
Non si riesce a leggere, troppa confusione,
troppe altre parole volano da sotto gli ombrelloni.
Il nulla si prende la rivincita, nessun pensiero,
se non quello di spostare il lettino per correre
dietro al sole.
Formine e palette e acqua di mare per costruire
castelli e piste per le biglie, e scavando ho
incontrato una conchiglia.
L’ho guardata, rigirata tra le mani, ammirata
toccata.
Forse ha più anni di me, forse ha passato
tempeste e maree, minuscolo esempio della
perfezione della natura.
Il pensiero è tornato e s’è allungato nella vertigine
dell’immensità.

venerdì 6 giugno 2008


Tuba, trombone, sax, tromba.
Musica di strada, antica, affascinante, attraversata
da zingaresca slavitudine.
Pulita, barocca, chiassosa.
D’avvolgenti lontananze.
“Musica per matrimoni e funerali”dice Kusturica.
Nel suono:
Immagini di strade impolverate perse nei campi.
Di gente che le cammina, andando chissà dove.
Di notti inquiete con le voci dei cani e dei lupi.
Di tranquille solitudini negli inverni impigriti.
Ritmo e melodia sono ricordi ancestrali.
Scritti nell’anima.
Riaffiorano, svegliati dagli ottoni.







domenica 11 maggio 2008

PAROLE DI UNO SPAVENTAPASSERI


Guardo il tempo trascorrere nei segni antichi del cielo
e della terra.
Cerco un appiglio per staccarmi da qui:
poter lasciare orme cadenzate, musicali, sul fruscio
degli steli.
Sognare di avere braccia e dita per dirigere l’orchestra
del vento e della pioggia.
Immobile qui e guizzante altrove, al di là della
costrizione.
Inventerò le ali e me ne andrò alla scoperta degli
azzurri sentieri dell’infinito.